A COMBONI
«Più di ieri, meno di domani».
Un canto per la gente d’Africa.
Lui, come Cristo, ci ha lasciato il segno
di una vita totalmente offerta, il segno
di una morte radicalmente accolta, come
doni preziosi da Dio. Segni per noi, suoi
figli e figlie, da reinterpretare nelle
nostre vite, nelle nostre morti,
per il regno di Dio.
Ho il volto tuo due volte disegnato
su questa mappa d’Africa, sul bordo,
pure mi sembra poco
lo spazio che ho lasciato al tuo ricordo.
Mentre ti ridisegno in controluce
vibra nell’eco delle tue parole
il miracolo eterno della luce
la gioia della locusta in pieno sole.
Mi guidi dalle sue lande costiere,
mediterranee di calcina e ulivi,
sulle liquide braccia
le bandiere di lotte e di speranze,
in rivi e valli
che tumultuano chimere
e graffi di allegria e agili balli,
verso un crepuscolo di sue ciglia nere,
verso il confine in cui la sera abbruna,
esausta, sopra i Monti della Luna.
Alla sua cinta
tintinnano le chiavi della vita
in cicatrici che non fanno storia
come infuocate, le lune della sera
sui bordi erbosi del Lago Vittoria.
E ti rendiamo grazie Padre in cielo
per i boschi di Namamve e Murugano,
il rame di Kasese, i monti, il piano,
i laghi di Kyoga e Wamala, il padre Nilo.
Grazie con noi Ti rendono le madri,
i contadini, i walimu[1] i pescatori,
sarte e infermiere, e antenati e padri,
lavandaie e boscaioli e minatori.
Ci rendi il cuore insieme e grande e forte,
nella cattiva e nella buona sorte.
Ed ecco che ora anch’io mi ritrovo
fiume e lago e vento e terra rossa
meccanico jua kali[2] e nido e rovo.
E tu sorridi, se mai io sorrido,
come ai bimbi e alle donne del villaggio,
e mi rivedi
sentiero sopra cui cammini adagio,
roccia su cui ti siedi
e in questo eterno e solidale viaggio
– in un finale nascosto alla memoria –
che ci farà alla fine della via
sorridere di tanta geografia
e trasalire a tanta umana storia.
E così ti amo anch’io, insieme a lui,
Africa non mai mia, mio pane avaro,
mia fiamma che mi bruci e mi consumi
col sole tuo, coi tuoi silenzi bui,
per quel tuo nome amaro
stillato da cortecce di dolore,
per il velluto lunare
di quel tuo volto
ieri due volte appena,
oggi due volte più,
tatuato arroventato sul mio cuore.
LAUS DEO SEMPER
[1] Lett.: saggi.
[2] Lett.: il sole è forte. Nome dato al riparatore di bici che lavora all’aria aperta.